HIV+: curarsi ora per non ammalarsi domani

HIV+: curarsi ora per non ammalarsi domani

Introduzione

In uno studio di Smit M., Brinkman K., Geerlings S., et al i cui risultati sono stati pubblicati su Lancet nel 2015 nell’articolo “Future challenges for clinical care of an ageing population infected with HIV: a modelling study” è stato costruito un modello matematico basato sui dati raccolti tra il 1996 e il 2010 da più di 10 000 pazienti olandesi ed è poi stato utilizzato per fare delle proiezioni fino al 2030 rapportandole alla popolazione olandese generale. I parametri analizzati sono stati l’insorgenza di malattie non trasmissibili (NCD), l’invecchiamento, le interazioni tra i diversi farmaci somministrati ai pazienti e appunto la polifarmacia, ovvero la concomitante somministrazione di più farmaci a un paziente [14]. Il nuovo modello è stato poi utilizzato per identificare le implicazioni delle previsioni e le azioni necessarie per affrontare queste tendenze imminenti.

Vediamo insieme i risultati di questo studio e perché l’attività motoria giocherà un ruolo fondamentale nella gestione dei pazienti HIV+ nel prossimo futuro.

Sono passati più di 30 anni da quando l’HIV ha iniziato a diffondersi e quasi 20 anni da quando la terapia antiretrovirale (ART) è diventata disponibile, migliorando notevolmente il trattamento dei pazienti con HIV [1].

La ART, proprio perché è così efficace nel contenere la replicazione del virus, ha ridotto la mortalità dei pazienti con HIV [2] trasformando a livello sociale l’infezione da HIV in una condizione cronica a lungo termine. Il profilo dell’epidemia da HIV sta dunque cambiando a causa di una popolazione HIV+ che invecchia e che è sempre più colpita da malattie non trasmissibili (NCD) legate all’età [3].

La crescente prevalenza di NCD però complica notevolmente il trattamento dei pazienti con HIV [3,4]. Il fenomeno della polifarmacia diventerà altamente probabile [3,4] e con esso numerosi problemi. Le interazioni farmaco-farmaco possono portare, ad esempio, ad effetti avversi come la perdita stessa dell’efficacia del trattamento ART e la conseguente evoluzione della malattia.

I risultati di diversi studi hanno poi dimostrato che le persone HIV+ potrebbero avere un’età di insorgenza precoce e una maggiore prevalenza per molte delle malattie non trasmissibili rispetto agli individui non infetti [5-7]. Effetto dimostrato per diverse malattie cardiovascolari [8, 9], tumori maligni [10], malattie epatiche e renali [11], ed osteoporosi [12,13]. Uno studio prospettico olandese [6] ha inoltre osservato che la prevalenza dell’ipertensione, delle malattie cardiovascolari, dei problemi vascolari periferici e la compromissione della funzionalità renale erano significativamente aumentate nei partecipanti con HIV rispetto ai non infetti.

In generale rimangono però poco chiari i parametri per la stadiazione e il trattamento delle NCD associate all’infezione da HIV. Tale valutazione è decisamente urgente per affrontare le sfide future, modificare le linee guida basandosi sull’evidenza scientifica e garantire un’assistenza continua di alta qualità.

In attesa che però tutto questo venga sviluppato è chiaro che discipline mediche come la fisioterapia, che in maniera naturale offre la cura e la prevenzione alla maggior parte delle NCD, devono diventare diffusissime tra i pazienti HIV+ e lo devono diventare ora per permettere di migliorare l’outcome dei pazienti e per guadagnare il tempo necessario per fronteggiare le nuove tendenze.

La fisioterapia e l’attività motoria in generale offrono il più grande scudo non farmacologico alla diffusione delle NCD e alle terapie ad esse correlate: polifarmacia, ipertensione, problematiche cardiovascolari ed osteoporosi sono solo alcune delle cose che quindi si riescono a contenere.

Il limite di questo trattamento è però ovviamente la lentezza. C’è bisogno di iniziare ora per arrivare nel 2030 preparati a questa urgenza e tutte le professioni sanitarie devono collaborare in questa partita.

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