L’importanza della fascia muscolare nello sport

L’importanza della fascia muscolare nello sport

Introduzione

Il presente articolo offre evidenze scientifiche sul ruolo e sulla potenzialità che la fascia muscolare (tessuto fasciale) ha nei confronti degli esercizi e delle attività sportive e motorie.

Nelle scienze sportive e nell’educazione fisica si pone molta attenzione alle classiche raccomandazioni riguardanti gli esercizi muscolari, l’allenamento cardiovascolare e la coordinazione motoria e quella neuro-muscolare (Jenkins 2005). In compenso, si dà poca importanza ad esercizi che coinvolgono in maniera particolare i tessuti connettivi. Questa pratica comune contrasta con il ruolo che il tessuto muscolare gioca nelle lesioni da sovraccarico associate all’attività sportiva.

Nella corsa, nel calcio, nel basket o nella pallavolo la maggioranza delle lesioni muscolo-scheletriche da sovraccarico si verificano nei tessuti connettivi collagenici quali tendini, legamenti o capsule articolari che sembrano essere meno preparati ed adattabili ad un carico applicato rispetto alle rispettive controparti muscolari o scheletriche (Hyman & Rodeo, Counsel & Breidahl 2010). La comunemente accettata legge di Wolff afferma che i tessuti connettivi densi sono in grado di adattare la propria morfologia alla sollecitazione meccanica.

Inizialmente, questo principio generale era stato sviluppato focalizzandosi essenzialmente sui tessuti scheletrici, mentre la legge di Davis lo applica specificatamente ai tessuti connettivi lassi. Quest’ultima prevede che tali tessuti tendono ad adattare la loro struttura alle specifiche sollecitazioni meccaniche a essi imposte, a condizione che siano caratterizzate da una certa intensità ed applicate in maniera regolare (Nutt 1913).

Più recentemente tale concetto è stato ampliato tramite la teoria meccanostatica di Harold Frost, che evidenzia come tendini, legamenti e fascia adattino la propria sezione trasversa, e proporzionalmente anche la loro rigidità, in riposta alle forze muscolari ad essi imposte (Frost 1972).

Tuttavia, la soglia necessaria alla sollecitazione meccanica per indurre effetti adattativi a livello tendineo è significativamente più elevata rispetto a quella muscolare. Esercizi eseguiti anche solo al 50% della contrazione volontaria massimale sono sufficienti a scatenare una risposta adattativa nelle fibre muscolari. A parità di sollecitazione meccanica negli stessi tessuti connettivi tendinei coinvolti, corrisponde una risposta adattativa molto minore; infatti essi richiedono carichi maggiori per generare risposte adattative.

Arampatzis (et al. 2007) ha dimostrato che il tendine calcaneale e le relative aponeurosi richiedono generalmente uno stress meccanico del 4-5% per provocare una risposta adattativa, mentre uno stress del 2-3% non produce alcuna reazione tessutale. È importante osservare che la differenza tra un carico in grado di produrre risposte adattative positive e un carico che invece può provocare eventi lesivi nel tendine è solamente del 35%(Wren et al. 2001). Una volta raggiunta la soglia necessaria (sollecitazione meccanica del 4-5% circa), la risposta adattativa dei fibroblasti sembra non dipendere da un ulteriore stress meccanico utilizzato in una sessione di esercizi. Per ottenere una risposta adattativa è possibile siano necessari solo cinque o dieci saltelli elastici, mentre l’effettuazione di 100 più ripetizioni tende ad avere solo un lieve effetto addizionale (Magnusson et al.2010).

Sulla base di tali considerazioni, sono state recentemente formulate delle indicazioni per gli esercizi di movimento orientati alla fascia (Schleip & Muller 2013) Tali raccomandazioni consistono in quattro semplici forme di applicazione, tra cui: ritorno elastico, allungamento fasciale, rilascio fasciale ed affinamento propriocettivo. Tra questi, gli esercizi di ritorno elastico meritano un’attenzione particolare.

È bene sottolineare che, per un utilizzo ottimale della proprietà di ritorno elastico, il movimento principale dovrebbe iniziare sempre con un contro-movimento preparatorio eseguito in direzione opposta. I movimenti di ritorno elastico possono essere eseguiti anche con carichi maggiori e supportati senza rischi dai tessuti fasciali. Tuttavia, questi non dovrebbero mai essere eseguiti senza un adeguato riscaldamento e neppure senza mantenere un’elevata consapevolezza corporea.

Secondo i risultati di Magnusson et al. (2010), per ottenere un ottimale rimodellamento collagenico, si raccomanda che tali sollecitazioni siano effettuate solamente una o due volte a settimana.

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